Il primo passo, quando uno scaldabagno elettrico smette di accendersi, è scongiurare il rischio di folgorazione e di danni ulteriori all’apparecchio. Spegnere il magnetotermico dedicato – o l’interruttore generale, se non si dispone di una linea separata – evita che tensioni residue circolino mentre l’involucro è aperto. Con la corrente staccata si può rimuovere il pannello inferiore, solitamente fissato con due o quattro viti, senza incorrere in scariche dovute a morsetti allentati o condensatori ancora carichi. La torcia frontale di un telefono permette di illuminare bene il pozzetto in cui si trovano termostato, limitatore e resistenze: individuare subito eventuali tracce d’acqua, cavi anneriti o isolanti colati aiuta a distinguere tra un guasto elettrico e una perdita idraulica che manda in sicurezza l’apparecchio.
Indice
- 1 Verificare l’alimentazione dalla morsettiera al termostato
- 2 Escludere il blocco termico e ripristinare il limitatore di sicurezza
- 3 Analizzare lo stato del termostato e della resistenza
- 4 Considerare la scheda elettronica nei modelli di nuova generazione
- 5 Non trascurare la presenza di perdite e il ruolo del pressostato
- 6 Chiamare l’elettricista o il centro assistenza quando l’intervento diventa invasivo
- 7 Prevenire guasti futuri con manutenzione periodica e protezione dal calcare
- 8 Conclusioni
Verificare l’alimentazione dalla morsettiera al termostato
Un interruttore salvavita che scatta di continuo o un magnetotermico che non resta inserito indica un cortocircuito a valle. Dopo aver rimesso sotto tensione il differenziale e controllato che la spia di alimentazione non si riaccenda, conviene utilizzare un cercafase o un multimetro in modalità volt AC sui morsetti di ingresso della caldaia: se ai due poli arrivano 230 volt ma la lampadina di servizio non si illumina, il problema risiede nel circuito interno. Se invece la tensione non è presente, bisogna risalire alla presa a muro o alla scatola di derivazione: spine bruciate e morsetti ossidati sono cause frequenti di interruzione di alimentazione, soprattutto in scaldabagni installati in lavanderie umide.
Escludere il blocco termico e ripristinare il limitatore di sicurezza
Ogni scaldabagno incorpora un limitatore di sicurezza, spesso chiamato “termostato a riarmo manuale”, che interviene quando l’acqua supera i novanta gradi per un malfunzionamento del termostato principale. Il pulsante di ripristino, di solito di colore rosso o arancione e posto al centro del gruppo termostato, scatta aprendo il circuito e impedendo l’accensione della resistenza. Se è fuori sede, basta premerlo con decisione finché non fa clic; se il pulsante scatta di nuovo non appena la corrente torna, vuol dire che la resistenza rimane eccitata senza controllo e il termostato principale non interrompe la fase: in questo caso il componente va sostituito perché non regola più la temperatura.
Analizzare lo stato del termostato e della resistenza
Il termostato classico a bulbo e capillare, ruotabile con una manopola graduata in °C, può bloccarsi in posizione di circuito aperto. Un test rapido consiste nel collegare in parallelo il bulbo in un bicchiere d’acqua calda: se il click di attivazione non scatta intorno ai 50-60 °C, il contatto interno è guasto. Analogamente, la resistenza corazzata può interrompersi o andare in corto verso massa: con il multimetro su ohm si misura la continuità tra i due terminali (valori tipici 15-25 Ω a seconda della potenza) e la resistenza verso terra, che deve essere infinita. Un valore zero fra un polo e la carcassa indica isolamento compromesso, causa di scatto del differenziale. In un impianto con acqua particolarmente calcarea, un elemento elettrico rivestito di calcare si surriscalda fino a bruciarsi: smontarlo permette di verificare se la guaina è deformata o bucata.
Considerare la scheda elettronica nei modelli di nuova generazione
Gli scaldabagni più recenti non usano più un termostato meccanico, ma una piccola scheda che rileva temperatura e presenza d’acqua, comanda la resistenza mediante relè e gestisce il tasto Eco. Se il pannello display rimane spento nonostante arrivi tensione alla morsettiera, un fusibile interno potrebbe essere saltato. Un fusibile di vetro da 2-4 ampere costa pochi euro e si sostituisce estraendolo dal portafusibili a baionetta; se però brucia di nuovo all’accensione, una pista in corto sulla scheda o un relè incollato è la probabile origine e il modulo va sostituito interamente. Conviene verificare se il costruttore offre parti di ricambio: in molti casi la scheda ha un connettore unica via che rende la sostituzione un’operazione plug-and-play, priva di saldature.
Non trascurare la presenza di perdite e il ruolo del pressostato
In alcuni modelli, l’elettronica interrompe l’alimentazione quando un pressostato interno non rileva acqua sufficiente nel boiler. Un gocciolamento dalla flangia di ispezione o un’anomalia nella valvola di sicurezza può far scendere la pressione e mandare in blocco il circuito. Riempire nuovamente il serbatoio aprendo il rubinetto dell’acqua fredda e spurgare l’aria dal rubinetto caldo risolve spesso falsi allarmi di “boiler vuoto” che lasciano la caldaia apparentemente morta. Se al contrario l’acqua esce in piccola quantità dalla valvola di sicurezza anche a scaldabagno spento, la pressione di rete potrebbe essere eccessiva: installare un riduttore a monte evita nuove rotture.
Chiamare l’elettricista o il centro assistenza quando l’intervento diventa invasivo
Smontare la resistenza implica svuotare il boiler e sostituire la guarnizione in gomma. Se la flangia mostra segni di corrosione o le viti sono arrugginite, forzarle può rompere il filetto. Allo stesso modo, sostituire termostati su modelli in garanzia espone al rischio di decadenza: molti marchi richiedono che il lavoro sia certificato da un centro convenzionato. Le tariffe per una diagnosi con eventuale cambiamento di termostato o resistenza si aggirano fra le cinquanta e le cento euro, una cifra spesso inferiore a quella che si spenderebbe per rimediare a un danno più grave causato da un serraggio errato o da una guarnizione mal posata.
Prevenire guasti futuri con manutenzione periodica e protezione dal calcare
Un anodo di magnesio consumato non protegge più il boiler dalla corrosione interna: lo scaldabagno spegnendosi segnala talvolta indirettamente la formazione di ruggine che fa scattare il differenziale. Sostituire l’anodo ogni due anni e rimuovere la pietra calcarea che si deposita sul fondo prolunga la vita dell’elemento riscaldante e mantiene stabili i consumi elettrici. Se l’acqua è molto dura è utile installare un dosatore di polifosfati o un addolcitore domestico, riducendo sia la manutenzione sia il rischio di interruzioni improvvise.
Conclusioni
Lo scaldabagno che non si accende può rivelare problemi banali, come una spina ossidata, o guasti strutturali, come la rottura della resistenza. Procedere dal controllo di alimentazione al reset del limitatore, passando per la diagnosi di termostato e scheda, permette di circoscrivere l’origine del malfunzionamento con metodo. Interventi elettrici interni richiedono manualità e strumenti adeguati; quando il dubbio supera le competenze personali, è più prudente ricorrere a un tecnico specializzato. Una corretta manutenzione preventiva riduce gran parte delle sorprese e mantiene l’acqua calda affidabile nel tempo.