C’era una volta l’editor di testo. Si pigiavano i tasti di una tastiera e i caratteri apparivano sul monitor. Mentre completavi una parola il correttore ortografico, subito la controllava e, nel caso, la sottolineava in rosso. Quando si voleva scrivere un testo si ricorreva ad un programma sul pc o a un’applicazione su smartphone o tablet. Poi sono arrivati carta e penna. Quando sorge un’idea o bisogna prendere nota di qualcosa si prende in mano una penna e s’inizia a disegnare o a scrivere o tutt’e due le cose, a seconda delle necessità.
Ma la storia non è al contrario? Lo sanno tutti che la tecnologia di pc, tablet e smartphone è venuta dopo secoli di uso di carta e penna. Le cose, almeno per me, sono andate nel modo in cui sto per raccontarvi. Appartengo ad una generazione non digitale. Quando iniziai ad andare a scuola, nel 1980, non conoscevo neanche la parola computer. Il metodo d’insegnamento della scrittura prevedeva di copiare a mano le lettere dell’alfabeto una per una, infinite volte, anche per sviluppare la calligrafia. E così ho continuato a fare fino a quando, agli inizi degli anni ’90, mia madre mi comprò una macchina da scrivere elettronica che mi introdusse, in qualche modo, al mondo dei personal computer. Quando al primo anno di università scrissi la mia prima tesina con i gloriosi 486 mandai in pensione quaderni, biro e affini. Più di quindici anni fa, poi, iniziai a scrivere i miei primi testi prima per i siti web e poi per il mio blog. Questa era l’ultima frontiera, anche perché in questo modo si potevano revisionare i testi infinite volte in tutta comodità. E poi c’era la questione ambientale: se per ogni foglio di carta vengono abbattuti degli alberi perché continuare questo scellerato modo di vita? Anche se con la stampante, alla fine, si faceva strage di intere foreste!
Finché un giorno incontro un libricino, Ruba come un artista, di Austin Kleon, artista, scrittore, esperto di pensiero creativo e visivo già consulente di Pixar, Google, The Economist, TEDX e altri. Questo autore, che fa suo il motto di Picasso che invita a rubare, si concentra su dieci utilissimi consigli per ogni tipo di artista. A parte quello di rubare, ci sono altri suggerimenti come, ad esempio: “non aspettare di sapere chi sei per cominciare”; “scrivi il libro che vorresti leggere”; “fai un buon lavoro e condividilo”. Uno dei suoi migliori consigli è: usa le mani. Tra l’altro scrive:
Il computer va benissimo per rivedere le idee ed è davvero eccezionale per metterle in una forma pubblicabile, ma non vale granché quando si tratta di generarle. Ci sono troppe opportunità di digitare il tasto sbagliato (a proposito avevo scritto “sagliato” e il correttore me lo ha subito segnato n.d.r.). Il computer tira fuori in tutti la pignoleria del perfezionista: si cominciano a correggere le idee prima ancora di averle.
Queste parole sono state una grande illuminazione. Mi hanno fatto capire perché la mia creatività si stava prosciugando. Vorreste un esempio? Io uso molto le mappe mentali, una tecnica molto efficace per organizzare, pensare, rappresentare idee e informazioni. In cima al post ne potete vedere una, quella che ho adoperato come scaletta di questo stesso post. Ho provato molte applicazioni per realizzarle ma nessuna mi permette di essere libero, ispirato, creativo come la vecchia tecnologia del disegno su carta.
Ora la domanda è: su quale carta? Anche qui le ho provate tutte. Ho comprato quaderni di ogni forma, marca, tipo. Finché non ho trovato i migliori di tutti: i Moleskine. Sono innamorato ed entusiasta di questi taccuini e quaderni. Innanzitutto perché quando li apri essi restano aperti. Non devi fare la fatica di mantenerli con una delle due mani come avviene con i quaderni spillati nel mezzo. Tra l’altro i Moleskine li puoi rivoltare a 180 gradi e non succede niente. Se lo fate con i quaderni di altro tipo, si distruggono.
L’azienda che li ha fatto rinascere nel 1997, la Modo&Modo, con sede a Milano, produce:
taccuini;
agende,
guide;
quaderni,
album
con un’elevata qualità della carta e della copertina che può essere rigida o morbida e che ha un elastico di chiusura. Se fate qualche ricerca vedrete che questi taccuini sono leggendari perché nella loro storia sono stati utilizzati, tra gli altri, da Oscar Wilde, Picasso (che abbiamo già citato) e Ernest Hemingway.
Fedele al principio che l’abito fa il monaco, da quando ho conosciuto i Moleskine con gli anni ne utilizzo sempre di più e per gli usi più svariati. Voglio raccontarvene alcuni. Tanto per cominciare uso i taccuini con la copertina rigida come Diario già dal 2010. In precedenza avevo usato dei raccoglitori per fogli mobili ma era un disastro perché i fogli si strappano con facilità sul lato dei forellini. Invece i miei diari ora sono belli che integri ed è un piacere riaprirli ogni tanto.
A parte il diario personale su un altro tipo di quaderno, bianco anche questa volta, cioè senza righe, uso anche il Diario di bordo, di cui vi ho già parlato nel post Il diario di bordo per generare nuove idee. Si sa come le idee, specie le più creative, infatti abbiano bisogno di luoghi, oggetti, situazioni ispiranti. Tra questi non va trascurato il supporto sul quale si scrive. Vi confesso che io sono stimolato a scrivere e disegnare, anche se me la cavo male, già dalla buona rifinitura di questi quaderni, dallo spessore della carta, dagli angoli arrotondati e da altri dettagli ancora. Si tratta di un piacere fisico nel loro utilizzo che libera le migliori energie che possediamo. E anche se non so disegnare, sebbene importi poco, proprio mi sento portato alle volte a fare degli schizzi che, almeno in un caso, hanno curato la mia momentanea tristezza, come quando purtroppo mia mamma era ricoverata nel reparto oncologia dell’ospedale Perrino di Brindisi. Per me uno dei pochi conforti fu il disegnare la vista su un laghetto nel taccuino tascabile che sempre mi porto dietro, come ho raccontato nel post Quel ramo del lago che guarisce.
Questi bei taccuini possono, insomma, salvarci da ogni situazione, persino da momenti in cui siete soli, non avete con chi chiacchierare e dovete aspettare tanto tempo senza che abbiate con voi smartphone, libri, riviste ecc. Io in queste occasioni tiro fuori dal marsupio il taccuino e la penna e scrivo, il più delle volte, o disegno, in qualche occasione. Qui a lato di sicuro non avete un capolavoro della storia dell’arte ma la soluzione di un problema, quello di qualcosa a cui dedicare la propria attenzione per non farsi offuscare dal tedio. Questo schizzo l’ho realizzato mentre aspettavo la troupe del set del film La Santa di Cosimo Alemà. Prendere qualche appunto, disegnare, realizzare una mappa è, in fondo, un dialogo con se stessi per tenere il quale abbiamo bisogno di argomenti ancora più precisi di quando stiamo parlando con qualcuno. Ci servono dettagli reali o immaginati sui luoghi, sui sogni, sui desideri di cui ho già scritto qualcosa in un post di cui sono molto orgoglioso, La mappa dei miei sogni, nato ancora una volta grazie a una piccola mappa mentale disegnata sul mio taccuino tascabile.
Si può rivelare molto utile, passato qualche tempo, fissare quei dettagli, quei particolari sulla carta perché la nostra memoria può sempre farci brutti scherzi. E a volte possiamo perdere aspetti davvero importanti. Per questo motivo tengo sempre traccia di ogni film che vedo al cinema, in televisione, su Netflix o Youtube. Qui a fianco potrete notare ciò che ho segnato del film I diari della motocicletta, che ho visto insieme a mia moglie Yola, in un’occasione speciale e cioè durante la visita di Aleida Guevara, figlia del Che, in visita in Salento il 14 Marzo del 2015. A questo scopo utilizzo il film journal: un quaderno con diversi tipi di schede per tenere traccia della mia passione cinematografica. Ma ce ne sono anche per altri interessi, altre passioni. Si tratta dei taccuini “passions” dedicati, per esempio, ai viaggi, ai vini, al cioccolato, al benessere, ai libri e a tanto altro. Qualunque attività facciate nella vita, persino se siete dei ladri, non dovreste mai smettere di scrivere, come dice Dino Buzzati:
Scrivi, ti prego. Due righe sole, almeno, anche se l’animo è sconvolto e i nervi non tengono più. Ma ogni giorno. A denti stretti, magari delle cretinate senza senso, ma scrivi. Lo scrivere è una delle più ridicole e patetiche nostre illusioni. Crediamo di fare cosa importante tracciando delle contorte linee nere sopra la carta bianca. Comunque, questo è il tuo mestiere, che non ti sei scelto tu ma ti è venuto dalla sorte, solo questa è la porta da cui, se mai, potrai trovare scampo. Scrivi, scrivi. Alla fine, fra tonnellate di carta da buttare via, una riga si potrà salvare (Forse).
Io, per non sbagliare, inizio la mia giornata scrivendo, anzi scrivo proprio la mia giornata, ancor prima di cominciarla. Sul mio Professional Notebook segno non solo le attività da fare, ma anche gli appuntamenti e una o più frasi ispiranti, come potete vedere nell’immagine qui a sinistra. In questo caso, come si può notare, ho dovuto fare il cosiddetto “hacking” (modifica di sistema) del taccuino nel senso che su ciascuna pagina disegno delle icone per identificare come mi è più comodo i moduli. In realtà, però, in questo caso più che una vero e proprio cambiamento del sistema ho realizzato una modifica dell’interfaccia utente, almeno così bisognerebbe esprimersi in termini informatici. Potrebbe sembrare che ora ho utilizzato qualche termine tecnico di troppo. In realtà è il linguaggio stesso che per definizione è modifica della nostra percezione e quindi del nostro stesso interagire con la realtà, comunque essa sia definita. Pensiamo ad una metafora famosa, a quando ne l’Amleto c’è questo scambio di battute
AMLETO Vedete quella nuvola che sembra quasi un cammello?
POLONIO Per la santa messa è così… un cammello.
AMLETO O forse una donnola.
POLONIO Infatti la schiena è di donnola.
AMLETO O una balena.
POLONIO Una balena, tale e quale.
Esso non serve solo ad Amleto a capire i disegni, le trame di Polonio, del re Claudio e di sua madre Gertrude e fino a che punto credono nella sua pazzia ma a capire ancora quanto potere, in quanto principe ed ora anche invasato (o creduto tale), ha ancora in mano. Non a caso usa delle immagini, per vedere sino a che punto il servo Polonio lo segue ancora, perché costretto. Si tratta di una sorta di esame dei margini di manipolazione possibile. Il bello è che questo lo facciamo anche noi, non solo con le persone, ma con ogni aspetto della realtà che ci circonda. Il cinema, a me, piace anche per questo perché al di là dei concetti usa qualcosa di isomorfo con la realtà che riprende, l’immagine, che è qualcosa ancora più di una mappa ma che pure è rappresentazione. Un aspetto per me magico è che trasforma le parole scritte nella sceneggiatura in sequenze, servendosi di apposite tecniche. Per questo ho deciso tempo fa di seguire un corso di sceneggiatura al quale, naturalmente, ho dedicato un intero quaderno Moleskine, come faccio per ogni libro che leggo o per ogni altro corso.
Quindi nel futuro torneremo a scrivere sui taccuini? Non proprio. In realtà oggi la tecnologia consente di tracciare parole e disegni su carta e averli in contemporanea in digitale, senza l’uso di scanner o foto. Sto parlando del Taccuino Livescribe by Moleskine che presto avremo tutti sulla nostra scrivania. Anzi, dato che oggi c’è il Prime Day Amazon io ne approfitterei subito! Buona scrittura creativa a tutti.